Diritto Amministrativo


Sul diritto di accesso ai documenti verso società private di gestori di servizi pubblici (Consiglio di Stato 12.3.2012)

Pubblicata il 24/04/2012 in Diritto Amministrativo
La sentenza, nel ribadire l'abbreviazione dei termini processuali alla metà per il deposito del ricorso, e quindi la tardività dell'appello della società Poste Italiane s.p,a. ribadisce il principio secondo cui l'interesse a richiedere la documentazione, richiesto dall'art. 24 della legge 241/90 può consistere in una qualunque posizione giuridica soggettiva, purché non si tratti del generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa: al fine di riconoscere il diritto all'accesso, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione. Questo rapporto di strumentalità deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve costituire mezzo utile per la difesa dell'interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.\r\nRibadisce inoltre che l'attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 correlano il diritto d'accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229; id., 30 dicembre 2005 n. 7624; id., 7 agosto 2002 n. 4152; id., 8 gennaio 2002 n. 67).
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E' legittima l'impugnazione diretta della DIA (dichiarazione di inizio di attività) da parte di un terzo (TAR Marche 22.06.2012)

Pubblicata il 12/07/2012 in Diritto Amministrativo
Il Tar Marche con questa sentenza conferma la legittimità dell 'impugnazione diretta della DIA (dichiarazione di inizio di attività) da parte di un terzo. \r\n\r\nNel corso del 2011 sono intervenute due importanti novità sul tema, l’una di stampo giurisprudenziale (si allude naturalmente alla sentenza n. 15/2011 dell’Adunanza Plenaria), l’altra di matrice legislativa (si fa riferimento all’art. 6 del D.L. 13/8/2011, n. 138, convertito in L. 14/9/2011, n. 148, che, andando deliberatamente contro la richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria, ha stabilito che in materia di D.I.A./s.c.i.a. l’unico rimedio esperibile è il ricorso avverso il silenzio).\r\nIl Tar Marche ha affermato che on potendo la predetta norma essere interpretata nel senso di elidere o ridurre gli strumenti di tutela del cittadino – pena il possibile contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost. – il terzo, a prescindere dal meccanismo processuale utilizzato per introdurre la controversia, deve avere la possibilità di chiedere al giudice l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti che legittimano il ricorso alla D.I.A. Questo può avvenire o mediante il ricorso avverso il silenzio (con il quale, dal punto di vista formale, si chiede al giudice di accertare l’obbligo del Comune di provvedere sulla “denuncia” del terzo e quindi di inibire l’attività o di rimuovere ex post il titolo abilitativo formatosi sulla D.I.A.) oppure per il tramite di un’azione impugnatoria (in cui oggetto del gravame è il provvedimento tacito con cui il Comune ha ritenuto di non dover reprimere l’attività svolta in base alla D.I.A.) o, come pure consente oggi il codice del processo amministrativo, proponendo un’atipica azione di accertamento negativo.
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