Sulla responsabilità del datore di lavoro per infortunio (cass. 17.5.2013-12089


Sulla responsabilità del datore di lavoro per infortunio (cass. 17.5.2013-12089

Pubblicata il 22/05/2013 in Diritto del Lavoro

MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2087 e 1218 c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta in sostanza il ricorrente che l'art. 2087 c.c., configurando una responsabilità contrattuale, impone al lavoratore danneggiato solo di dimostrare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, il danno subito e la sua riconducibilità al titolo dell'obbligazione, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di aver adottato ogni cautela al fine di evitare il danno, o che lo stesso è derivato da causa a lui non imputabile. Deduce che nella specie, nell'evento chiamato a presidiare, alcuni giovani già avevano aggredito due persone all'interno del parco, sicchè l'azienda avrebbe dovuto attivarsi per predisporre ulteriori misure di sicurezza. 2. Il motivo è infondato. Ed infatti, seppure è vero che in ipotesi di lesioni occorse al dipendente durante lo svolgimento del suo lavoro, è sufficiente che questi dimostri l'esistenza del rapporto di lavoro, il danno subito ed il nesso causale con le mansioni svolte (oltre, ove necessario, le regole di condotta che assume essere state violate, Cass. 12 marzo 2003 n. 3622; Cass. 7 novembre 2000 n. 14469), mentre grava sul datore di lavoro la prova di aver adottato le misure idonee, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica e morale del prestatore di lavoro (art. 2087 c.c.), è altrettanto vero che tale norma non prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva, presupponendo sempre una colpa del datore di lavoro (ex plurimis, Cass. 7 agosto 2012 n. 14192; Cass. 3 agosto 2012 n. 13956; Cass. 17 aprile 2012 n. 6002; Cass. 17 febbraio 2009 n. 3785). Deve al riguardo ribadirsi il principio già enunciato da questa S.C. (Cass. 5 dicembre 2001 n. 15350), secondo cui con riferimento alla tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori dipendenti dalle aggressioni conseguenti all'attività criminosa di terzi, l'ampio ambito applicativo dell'art. 2087 cod. civ. non può essere dilatato fino a comprendervi ogni ipotesi di danno, sull'assunto che comunque il rischio non si sarebbe verificato in presenza di ulteriori accorgimenti di valido contrasto, perchè in tal modo si perverrebbe all'abnorme applicazione di un principio di responsabilità oggettiva ancorata al presupposto teorico secondo cui il verificarsi dell'evento costituisce circostanza che assurge in ogni caso ad inequivoca riprova del mancato uso dei mezzi tecnici più evoluti del momento, atteso il superamento criminoso di quelli in concreto apprestati dal datore di lavoro. Nella specie, come evidenziato dalla Corte di merito, il P. non ha affatto evidenziato in cosa fosse consistita la colpa della datrice di lavoro, limitandosi a dedurre che precedentemente (senza neppure chiarire se la stessa notte o in giorni precedenti), vi furono delle aggressioni all'interno del parco ove sì svolgeva la "festa" di partito in questione. I giudici di appello, nell'evidenziare che nella specie, il danno derivò esclusivamente dal fatto (penalmente) illecito ed imprevedibile di terzi, tale da porsi come causa esclusiva dell'evento dannoso, hanno incontestatmente accertato che il P. nel ricorso introduttivo del giudizio nulla dedusse circa la colpa della datrice di lavoro, risultando pertanto la deduzione del possibile invio di altra/e pattugliai inammissibile in quanto esposta solo in grado di appello. Hanno comunque ed inoltre accertato che, oltre all'arma di servizio in possesso del P., la sua auto era dotata di apparecchio radio, con cui egli stesso chiese ed ottenne l'intervento dei Carabinieri, mentre dalle testimonianze raccolte, non risultava che egli avesse chiamato la centrale operativa dell'Istituto di Vigilanza. Tali accertamenti non hanno formato oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente. 2. Con il secondo motivo il P. denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2087 e 1218 c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta l'erronea motivazione della Corte di merito in ordine all'esclusione di responsabilità del datore di lavoro nell'ipotesi in cui il danno venga provocato da una condotta illecita di terzi, peraltro erroneamente valutando le risultanze testimoniali di causa. Deduce che secondo la giurisprudenza di legittimità, l'imprenditore è tenuto ad evitare, e ne è dunque responsabile, anche i danni provocati dall'azione di terzi. Il motivo è in parte inammissibile, laddove richiede alla Corte una diversa vantazione delle circostanze di fatto e delle risultanze istruttorie, e per il resto infondato. Ed infatti, seppure è vero che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che può sussistere (cfr. tuttavia, contra: Cass. n. 25883/08; Cass. n. 15350/01; Cass. n. 11710/98) la responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., anche laddove l'evento dannoso sia derivato dall'azione, anche delittuosa, di terzi, è altrettanto vero che il fondamento della responsabilità è sempre stato ravvisato in un elemento colposo di questi, così come, nel caso della rapina, allorquando pur a fronte di ripetuti e denunciati episodi criminali, la datrice di lavoro non abbia adottato alcuna misura idonea ad evitare il danno (cfr. Cass. n. 21479/05; Cass. n. 8230/03; Cass. n. 14469/00). Basandosi il motivo di ricorso sull'erroneo presupposto di una responsabilità del datore di lavoro comunque sussistente anche in ipotesi di fatto delittuoso di terzi, esso risulta infondato. 4. Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese del presente giudizio di legittimità, nei confronti della parte costituita, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla per le spese quanto alla parte rimasta intimata.