Affido condiviso e alta conflittualità dei coniugi


Affido condiviso e alta conflittualità dei coniugi

Pubblicata il 21/05/2014 in Diritto di Famiglia

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 - Con il primo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento al rigetto della domanda di addebito proposta dalla C..

Si sostiene che la Corte di appello abbia trascurato, nel rigettare la domanda di addebito della separazione proposta dalla ricorrente, l'esame dei seguenti fatti decisivi e controversi: la pesante invadenza della suocera nella casa coniugale, non solo non contrastata, ma, anzi, voluta dal marito, il carattere violento dello stesso, la violenza sessuale subita dalla moglie in data 12 settembre 2009.

2.1 - La censura è interessata da vari profili di inammissibilità.

2.1.1 - In primo luogo viene in considerazione la formulazione in forma ellittica dell'indicazione del fatto controverso. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni unite, in relazione al vizio di motivazione, l'illustrazione del motivo, ai sensi dell'abrogato art. 366 bis c.p.c., nella specie applicabile ratione temporis, deve contenere (cfr., ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi - omologo del quesito di diritto - che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

2.1.2 - Lo stesso motivo, poi, proponendo una diversa lettura delle prove acquisite (richiamate, per altro, in maniera frammentaria), e addirittura invocando l'autorità di un mero decreto di rinvio a giudizio emesso in sede penale sulla base delle dichiarazioni della sola C., non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, prescindendo dalle suindicate circostanze - salvo il rilievo sulla carenza probatoria in ordine all'atto di violenza sessuale - è incentrata su una incompatibilità di carattere dei coniugi, che, superando "il livello stesso di ragionevolezza e di prudenza che la cultura, anche professionale, dei due interessati autorizza a presumere", anche in assenza di "un serio approfondimento della conoscenza reciproca", è emersa, come si desume dalla "troppo breve durata della convivenza coniugale".. "conflittualmente alle prime difficoltà della vita quotidiana".

3. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., nonchè vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la ricorrente si duole dell'incongrua determinazione del contributo per il mantenimento della figlia minore, nonchè della violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.

3.1 - Viene formulato il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se il giudice di merito possa discostarsi dalle domande formulate dalle parti in causa, laddove specialmente emerga una convergenza, e il tutto fra l'altro senza motivazione al riguardo. (Nel caso di specie, a fronte delle indicazioni della parti, convergenti sulla misura dell'assegno di mantenimento per la minore di Euro 500,00 mensili - per la madre come misura minima e per il padre come misura massima - senza tra l'altro alcuna motivazione al riguardo, la Corte ha deciso per Euro 400,00 mensili, fissando altresì una diversa decorrenza in appello)".

3.2 - Il motivo è infondato sotto vari profili. Premesso che non si comprende come l'accoglimento parziale di una domanda possa concretare violazione del principio di cui all'art. 112 c.p.c., (in termini, cfr. Cass., 17 maggio 1974, n. 1477), va rilevato che nel quesito sembra proporsi una sorta di operazione aritmetica fra le due contrapposte domande relative alla determinazione dell'assegno, priva di qualsiasi rilievo sul piano giuridico.

3.2.1 - Con riferimento alla natura della statuizione, deve richiamarsi il costante insegnamento di questa Corte secondo cui nei giudizi di separazione e di divorzio i provvedimenti necessari alla tutela degli interessi morali e materiali della prole, tra i quali rientrano anche quelli di attribuzione e determinazione di un assegno di mantenimento a carico del genitore non affidatario, non sono governati nè dal principio di disponibilità, nè da quello della domanda, attese le preminenti finalità pubblicistiche relative alla tutela e alla cura dei minori, che, pertanto, possono essere adottati anche d'ufficio (Cass., 10 maggio 2013, n. 11218Cass., 20 giugno 2012, n. 10174Cass., 28 agosto 2006, n. 18627Cass., 24 febbraio 2006, n. 4205Cass., 22 novembre 2000, n. 15065).

4 - La terza censura, con la quale, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la C. si lamenta della conferma dell'affidamento condiviso, nonostante l'esasperata conflittualità esistente fra i genitori, è inammis-sibile non solo per la inadeguata formulazione, come sopra evidenziata, del c.d. "momento di sintesi", ma anche perchè non attinge l'essenza della motivazione impugnata, secondo la quale "un affidamento esclusivo, a favore dell'uno o dell'altra, con le conseguenti ripercussioni sul piano dell'esercizio della potestà, non garantirebbe un decantare della litigiosità, nè per la minore un avvenire migliore".

5 - Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 155 bis c.c., e art. 709 ter c.p.c.), nonchè vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Si sostiene che la Corte di appello avrebbe dovuto tener conto del rigetto dei ricorsi proposti dal P. nel corso del giudizio ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c., ai fini delle valutazioni ai sensi dell'art. 155 c.c..

5.1 - Viene formulato il seguente quesito: "Dica la Corte laddove: in corso di causa siano proposti ricorsi ex art. 709 ter c.p.c., volti all'ottenimento dell'affidamento esclusivo del minore; i ricorsi siano decisi in sentenza unitamente al giudizio principale con la reiezione degli stessi, in quanto manifestamente infondati; il giudice debba tenerne conto, per il combinato disposto dell'art. 155 bis c.c., e/o art. 709 ter c.p.c., ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse del minore e delle conseguenze di cui all'art. 96 c.p.c., nei confronti del ricorrente".

5.2 - Premessa l'inammissibilità della censura proposta sotto il profilo motivazionale, per violazione della disposizione di cui all'art. 366 bis c.p.c.; rilevata altresì la genericità del riferimento alla responsabilità aggravata (per altro non configurabile in presenza di soccombenza reciproca), cui è riservato un fugace accenno nel solo quesito, deve affermarsi l'intrinseca infondatezza della deduzione secondo cui, mentre si ribadisce che il provvedimento in materia di affidamento della prole deve essere adottato con riferimento all'interesse esclusivo della medesima, si richiede che siano desunti elementi di valutazione dal comportamento, anche processuale, di un genitore nei confronti dell'altro, di per se stesso privo di rilievo ai fini della relativa statuizione, ancorchè sintomatico di aspra conflittualità, ove non risulti che la stessa ponga in serio pericolo (circostanza neppure indicata nel quesito) l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, in maniera tale da pregiudicare il loro interesse (Cass., 29 marzo 2012, n. 5108).