Equipollenza dei titoli e paesi extracomunitari


Equipollenza dei titoli e paesi extracomunitari

Pubblicata il 07/03/2012 in Diritto Scolastico

Il Consiglio di Stato, con sentenza della sez. VI del 16 febbraio 2011 n. 969 annullando una precedente decisione in senso opposto del Tar Lazio, ha confermato il diniego del riconoscimento del  diploma di laurea in stomatologia conseguito presso l'Università degli Studi di Novi Sad (Repubblica di Serbia) affermando il principio della permanenza della necessità della c.d. 'dichiarazione di valore' da parte dell'Ambasciata del paese in questione (art. 12, R.D. 4 giugno 1928, n. 1269)


CONSIGLIO DI STATO sez. VI del 16 febbraio 2011 n. 969

L'Università degli Studi di Roma Tor Vergata riferisce che in data 19 novembre 2001 il sig. Dalla P. presentò domanda di riconoscimento del diploma di laurea in stomatologia conseguito in data 25 agosto 1999 presso l'Università degli Studi di Novi Sad (Repubblica di Serbia).
Con il ricorso introduttivo del primo giudizio (recante il n. 1261/03) e con i successivi motivi aggiunti, l'odierno appellato adì il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, chiedendo l'annullamento degli atti con cui gli organi universitari avevano dichiarato di non poter esaminare l'istanza di riconoscimento per la carenza della c.d. 'dichiarazione di valore' da rilasciarsi da un'Ambasciata o una rappresentanza diplomatica italiana ai sensi dell'art. 12 del R.D. 4 giugno 1938, n. 1269 (recante 'approvazione del regolamento sugli studenti, i titoli accademici, gli esami di Stato e l'assistenza scolastica nelle Università e negli istituti superiori').
Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il Tribunale adito accoglieva il ricorso e pronunciava l'annullamento del provvedimento impugnato, osservando che:
- non fosse ravvisabile il lamentato vizio di difetto di competenza in capo al Dirigente della Ia Divisione dell'Amministrazione universitaria;
- gli atti soprassessori e di diniego adottati dall'Università in relazione alla carenza della c.d. 'dichiarazione di valore' di cui all'art. 12, R.D. n. 1269, cit., non avessero fatto corretta applicazione del pertinente quadro normativo, omettendo di valutare che la verifica fondamentale al fine del riconoscimento dei titoli stranieri deve concernere il dato sostanziale rappresentato "dalla completezza, esaustività, corrispondenza dei corsi da accreditare con gli omologhi corsi nazionali, secondo le valutazioni dell'Università italiana presso la quale il titolo è presentato per il riconoscimento ";
- la riconoscibilità del titolo di studio conseguito dal sig. Dalla P. fosse, altresì, da ammettere in base ai principî comunitari della libertà di circolazione e di stabilimento, anche con riguardo alla mobilità studentesca (vengono citate al riguardo la raccomandazione del Consiglio dei Ministri CE in data 21 dicembre 1988, nonché la sentenza della Corte di giustizia in data 14 settembre 2000, in causa C-238/98 - Hoesman -);
- il sistema di riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all' estero già delineato dall'art. 12, R.D. n. 1269 del 1938 è stato profondamente modificato con la legge 11 luglio 2002, n. 148 (recante ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella regione europea, fatta a Lisbona in data 11 aprile 1997).
In particolare, nel sistema normativo introdotto nel 2002 sono stati viepiù rafforzati gli autonomi poteri degli Atenei per ciò che attiene il riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all' estero e dei titoli di studio stranieri, con specifico riguardo alla verifica sostanziale in ordine ai contenuti delle discipline oggetto di esame. Ebbene, in un sistema siffatto, risulterebbero sistematicamente recessive le ragioni sottese all'istituto della c.d. 'dichiarazione di valore', il quale avrebbe riguardo solo al dato formale del raffronto fra gli esami sostenuti all' estero e quelli previsti dal corrispondente corso di laurea nazionale.
La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dall'Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata', la quale ne chiedeva l'integrale riforma articolando un unico, complesso motivo di doglianza.
Si costituiva in giudizio il sig. Dalla P., il quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.
Con l'ordinanza n. 2077/05 (resa all'esito della camera di consiglio del 30 aprile 2005), questo Consiglio respingeva l'istanza di sospensione cautelare della sentenza gravata, ritenendo insussistente il requisito del periculum in mora.
Nelle more del presente giudizio, il sig. Dalla P. adiva nuovamente il T.A.R. del Lazio al fine di ottenere l'esecuzione della sentenza n. 672/05 (non sospesa), attraverso l'autonoma valutazione del titolo di studio posseduto.
Il Tribunale romano adottava, quindi, una prima sentenza (n. 11574/05) con cui ordinava all'Università appellante di provvedere nuovamente sull'istanza a suo tempo presentata e in seguito - stante il comportamento "ulteriormente elusivo" tenuto dagli organi universitari - una seconda sentenza (n. 346/07), con cui veniva nominata una commissione incaricata di provvedere alla valutazione del titolo di cui sopra in vece dell'Amministrazione inadempiente.
Con atto del 28 luglio 2008. la commissione in tal modo nominata concludeva i propri lavori, stabilendo che "[l'interessato,] in possesso del titolo finale in Stomatologia conseguito presso l'Università di Novi Sad deve essere iscritto al primo anno del corso magistrale in Odontoiatria e protesi dentaria dell'Università di Roma Tor Vergata".
Il giudizio della commissione veniva svolto in base a una "valutazione sostanziale ed analitica" del titolo conseguito all' estero e fondava le proprie conclusioni:
- sul "dubbio contenuto culturale" del titolo conseguito in Serbia;
- sulla molteplicità di carenze formative relative al corso di studio svolto presso l'Università di Novi Sad;
- sulle numerose "situazioni di inadeguatezza rispetto a programmi e tempi di conseguimento degli esami di profitto" previsti dal pertinente ordinamento italiano posto in comparazione.
All'udienza pubblica del 14 dicembre 2010, presenti i procuratori delle parti costituite come da verbale di udienza, l'appello veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dall'Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata' avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato accolto il ricorso proposto da uno studente che aveva conseguito in Serbia il diploma di laurea in stomatologia e, per l'effetto, sono stati annullati gli atti con cui l'Ateneo aveva respinto l'istanza di riconoscimento del diploma di laurea in questione per mancanza della c.d. 'dichiarazione di valore' da parte dell'Ambasciata italiana in Serbia (art. 12, R.D. 4 giugno 1928, n. 1269).
2. Con l'unico motivo di appello, l'Università degli Studi lamenta che la pronuncia in questione sia meritevole di riforma, per non aver rilevato che il vigente sistema normativo contempli ancora l'istituto della c.d. 'dichiarazione di valore', fondata sulla previsione (mai abrogata) di cui al R.D. 1269, cit.
L'Amministrazione, inoltre, lamenta che erroneamente il TAR abbia ritenuto applicabili al caso di specie le disposizioni comunitarie in materia di libera circolazione e di diritto di stabilimento, atteso che la Repubblica serba non risulta inclusa allo stato attuale fra i Paesi dell'Unione europea
Con un terzo argomento, l'appellante osserva che, anche a voler ammettere come pacifico che, in base alla legge 11 luglio 2002, n. 148, spetti unicamente alle Università la valutazione in ordine ai titoli conseguiti all' estero , nondimeno risulta ancora necessaria l'acquisizione della c.d. 'dichiarazione di valore', la quale attesta (inter alia) l'esattezza, genuinità, veridicità ed affidabilità degli studi in concreto effettuati dall'interessato.
2.1. L'appello è fondato e meritevole di accoglimento.
Si osserva al riguardo che le disposizioni di cui alla legge 11 luglio 2002, n. 148 (recante ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella Regione europea, fatta a Lisbona l'11 aprile 1997), pur avendo fortemente valorizzato il ruolo delle Università in sede di riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all' estero e dei titoli di studio stranieri, non hanno comportato l'integrale superamento del sistema fondato sulla previsione di cui all'articolo 12 del R.D. 4 giugno 1938, n. 1269.
In particolare, se per un verso rileva l'art. 2 della l. 148, cit (secondo cui "la competenza per il riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all' estero e dei titoli di studio stranieri, ai fini dell'accesso all'istruzione superiore, del proseguimento degli studi universitari e del conseguimento dei titoli universitari italiani, è attribuita alle Università ed agli Istituti di istruzione universitaria, che la esercitano nell'ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia"), per altro verso è indubbio che l'entrata in vigore della richiamata legge di ratifica non abbia determinato l'abrogazione (né implicita, né per incompatibilità) dell'ulteriore sistema di garanzia fondato sulla c.d. 'dichiarazione di valore'.
Sotto tale aspetto, appare rilevante osservare che:
- non è corretta l'affermazione del Tribunale secondo cui la dichiarazione di valore sarebbe conforme a "una mera prassi instauratasi nel tempo [che] non trova riscontro in puntuali previsioni normative", atteso che - al contrario - la necessità di acquisire la medesima dichiarazione deriva, appunto, da una puntuale previsione regolamentare (l'art. 12, R.D. 1269, cit.) mai espressamente abrogata;
- la sussistenza del richiamato obbligo non comporta antinomie e duplicazioni sistematiche rispetto alla previsione di cui alla l. 148 del 2002 (la quale demanda in via ordinaria alle Università la competenza al riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all' estero , così come dei titoli di studio stranieri), atteso che le due tipologie di valutazioni in questione rispondono a logiche e finalità diverse.
Ed infatti, mentre l'attività valutativa svolta dalle Università ai sensi dell'art. 2 della legge n 148 del 2002 concerne il dato - per così dire - 'sostanziale' relativo alla completezza, esaustività e corrispondenza dei cicli di studio svolti all' estero rispetto agli omologhi parametri nazionali, al contrario, le valutazioni trasfuse nella c.d. 'dichiarazione di valore' attengono al dato - per così dire - 'formale ed estrinseco' relativo all'esattezza, genuinità, veridicità ed affidabilità degli studi in concreto svolti dal richiedente e perseguono finalità di interesse generale che più adeguatamente possono essere svolte dalle sedi diplomatiche italiane presso i Paesi in cui i titoli oggetto di esame sono stati conseguiti.
Ritiene il Collegio che le considerazioni del TAR sul quadro comunitario in tema di libera circolazione (in particolare: sulla raccomandazione del Consiglio dei Ministri CE n. 89/49/CE; sulla direttiva 93/16/CEE in tema di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi e certificati) non appaiono pertinenti, atteso che il titolo all'origine dei fatti di causa è stato rilasciato da un'Istituzione universitaria di un Paese non appartenente all'Unione europea (la Repubblica di Serbia).
3. Per le ragioni fin qui esposte, il ricorso in epigrafe deve essere accolto e di conseguenza, in riforma della pronuncia oggetto di gravame, deve essere disposta la reiezione del ricorso di primo grado.
Le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidati in dispositivo.
PQM
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 2785 del 2005, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado n. 1261 del 2003.
Condanna l'appellante alla rifusione delle spese e degli onorari dei due gradi di lite, che liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.