La sentenza 1521/2013 delle sezioni riunite in materia di Concordato Preventivo chiarisce i poteri del giudice di sindacato sulla fattibilità del piano e l'interdipendenza tra procedure di Concordato e Fallimento


La sentenza 1521/2013 delle sezioni riunite in materia di Concordato Preventivo chiarisce i poteri del giudice di sindacato sulla fattibilità del piano e l'interdipendenza tra procedure di Concordato e Fallimento

Pubblicata il 01/02/2013 in Diritto delle Imprese

SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PREDEN Roberto - Primo Presidente f.f. - Dott. PIVETTI Marco - Presidente Sez. - Dott. BERRUTI Giuseppe - Consigliere - Dott. RORDORF Renato - Consigliere - Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere - Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere - Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere - Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: Idraulica Sud s.a.s. in persona dell'amministratore unico R. M. e da quest'ultimo in proprio, domiciliati in Roma presso la Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall'avv. PADUANO CARLO giusta delega in atti; - ricorrenti - contro Fallimento Idraulica Sud s.a.s. di Ruongo Maurizio & C. in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Roma via Cola di Rienzo 28 presso l'avv. Bruno Doria, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti; Banco di Napoli s.p.a. in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma via L. Bissolati 76 presso l'avv. Tommaso Spinelli Giordano, rappresentato e difeso dall'avv. REDA GIUSEPPE giusta delega in atti; - controricorrenti - Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Catanzaro; - intimati - avverso il decreto e la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro emessi nei procedimenti nn. 663/09 e 1097/10, rispettivamente in data 7.11.2009 e 7.2.2011; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20.11.2012 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni; Uditi gli avv. Rivellese e Doria su delega per i controricorrenti; Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che, per il ricorso n. 25898/09, ha concluso per il rigetto dei primi tre motivi, l'accoglimento per quanto di ragione del quarto e l'assorbimento del resto e, per il ricorso n. 5383/11, per il rigetto.

FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso depositato il 7.10.2008 la Idraulica Sud s.a.s.
presentava istanza di ammissione a concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, con la quale assumeva che il presumibile ricavato della vendita avrebbe consentito il soddisfacimento integrale sia dei creditori privilegiati che di quelli chirografari.
In data 29.10.2008 il Tribunale di Cosenza adito dichiarava aperta la procedura di concordato preventivo ed il commissario giudiziale, con la relazione depositata quattro giorni prima dell'adunanza dei creditori fissata per il 19.1.2009, rilevava che il valore dei beni ceduti avrebbe consentito il soddisfacimento integrale dei soli creditori privilegiati, apparendo a suo giudizio verosimile ritenere che i creditori chirografari avrebbero potuto realizzare unicamente una somma pari al 45% circa del credito vantato. All'approvazione della proposta da parte della maggioranza dei creditori faceva poi seguito il giudizio di omologazione, nell'ambito del quale nessun creditore proponeva opposizione, mentre il commissario giudiziale esprimeva parere negativo in ordine alla fattibilità della stessa, sulla base del rilievo che la società debitrice avrebbe sottostimato il passivo e sovrastimato l'attivo, circostanza da cui sarebbe disceso che i creditori chirografari non avrebbero potuto ottenere una somma superiore al 33,56% del loro credito.
Il tribunale quindi, ritenendo fondate le deduzioni del commissario giudiziale e conseguentemente condivisibile la relativa valutazione, rigettava la domanda di omologazione del concordato con decisione che, reclamata dalla debitrice, veniva successivamente confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro.
2. In particolare la Corte territoriale, dopo aver preliminarmente affermato che ai sensi della normativa vigente doveva essere riconosciuto al tribunale un potere autonomo di controllo in ordine alla concreta fattibilità del piano, potere da esercitare doverosamente "sia nella fase di ammissione del concordato che in quella successiva di approvazione", osservava poi nel merito che risultavano condivisibili le deduzioni del commissario giudiziale in relazione alla consistenza dell'attivo e del passivo della società debitrice.
Da ciò doveva pertanto desumersi che la proposta sulla quale i creditori avevano prestato il loro consenso non sarebbe stata in realtà concretamente realizzabile e, conseguentemente, che il concordato non poteva essere omologato.
3. Avverso il detto decreto la Idraulica Sud ha proposto ricorso per cassazione affidato a undici motivi, poi ulteriormente illustrati da memoria, cui non hanno resistito gli intimati.
4. Successivamente il Tribunale di Cosenza, a seguito di istanza del Banco di Napoli che assumeva di essere creditore della Idraulica Sud per un importo di Euro 453.139,87, con sentenza del 23.7.2010 dichiarava il fallimento della società (che era stata posta in liquidazione) e del socio accomandatario, avendo ritenuto che il relativo attivo patrimoniale non avrebbe consentito l'integrale soddisfacimento dei creditori sociali.
5. La decisione, reclamata dai falliti, veniva poi confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro, che in particolare sui diversi punti sottoposti al suo esame osservava quanto segue.
Innanzitutto la Corte territoriale rilevava preliminarmente che in data 7.10.2008 la Idraulica Sud aveva presentato domanda di concordato preventivo davanti al Tribunale di Cosenza, il cui esito era stato negativo.
Il primo giudice l'aveva infatti respinta con decreto poi confermato dalla Corte di Appello e allo stato non ancora definitivo, poichè impugnato con ricorso per cassazione.
La persistente pendenza del giudizio sopra richiamato aveva dunque indotto il fallito a sostenere che il diniego di omologa della domanda di concordato preventivo, non accompagnato dalla contestuale dichiarazione di fallimento, non avrebbe prodotto effetti esecutivi immediati e tale circostanza, secondo gli appellanti, avrebbe comportato la non proponibilità del ricorso per fallimento prima della definizione del processo relativo al mancato accoglimento della domanda di concordato preventivo.
L'assunto dei falliti, secondo la Corte di Appello, sarebbe stato tuttavia errato, poichè la definizione del procedimento avente ad oggetto l'omologazione del concordato preventivo non sarebbe pregiudiziale rispetto alla definizione del reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento, e ciò alla luce del disposto della L. Fall., art. 180, comma 7, (secondo il quale "il tribunale, se respinge il concordato... dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza emessa contestualmente al decreto"). L'istanza di fallimento presentata dal Banco di Napoli avrebbe poi legittimato l'intervento del tribunale, la cui decisione sarebbe stata conseguente all'accertata sussistenza dei requisiti di cui alla L. Fall., artt. 1 e 5.
Analogamente priva di pregio sarebbe poi stata l'ulteriore censura con la quale gli appellanti avevano sostenuto il difetto di legittimazione del Banco di Napoli, atteso che la contestata qualità di creditore sarebbe risultata dalla documentazione prodotta.
Infine anche la doglianza concernente la pretesa insussistenza dell'insolvenza non sarebbe stata condivisibile, considerato che dagli accertamenti svolti, e segnatamente dall'esito della disposta consulenza tecnica, sarebbe emerso un consistente sbilanciamento tra l'attivo patrimoniale ed il passivo, mentre nessuna riserva sarebbe stata sollevata dalla fallita relativamente ai requisiti dimensionali della società.
6. Avverso la detta sentenza la Idraulica Sud ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui hanno resistito con controricorso gli intimati.
Successivamente all'udienza del 29.11.2011, fissata per la trattazione del ricorso proposto dalla Idraulica Sud s.a.s. contro il decreto con il quale la Corte di Appello di Catanzaro aveva confermato il provvedimento di rigetto della domanda di omologazione del concordato emesso dal Tribunale, questa Corte rilevava l'opportunità di rimettere gli atti al Primo Presidente della Corte, per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite. La ragione della proposta di rimessione veniva individuata nel fatto che, tra le diverse censure prospettate dalla Idraulica Sud, quella relativa alla pretesa insindacabilità nel merito della proposta di concordato era stata già sottoposta più di una volta all'attenzione di questa Corte, che le aveva risolte con motivazioni non del tutto coincidenti.
La connessione esistente fra il ricorso sopra richiamato e quello oggetto del presente giudizio, attinente alla dichiarazione di fallimento della medesima società conseguente al rigetto dell'istanza di concordato preventivo, induceva poi a disporre la rimessione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite anche di quest'ultimo ricorso, in vista di una eventuale possibile trattazione unitaria delle due impugnazioni.
La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 20.11.2012.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
7. Con il ricorso n. 5383/11, proposto contro la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che aveva rigettato il reclamo contro il provvedimento con il quale era stato dichiarato il proprio fallimento, la Idraulica Sud ha innanzitutto sollecitato, in via logicamente pregiudiziale, la riunione del procedimento con quello ugualmente pendente fra le stesse parti davanti a questa Corte (R.G. 25898/09), avente ad oggetto l'impugnazione avverso il decreto di omologa del concordato preventivo.
In proposito va osservato che certamente non è configurabile nella specie una ipotesi di riunione obbligatoria dei procedimenti, che trae il suo presupposto nell'esistenza di una pluralità di impugnazioni contro una stessa sentenza (art. 335 c.p.c.), laddove l'oggetto delle censure dei ricorsi in esame riguarda due provvedimenti del tutto distinti.
Ritiene tuttavia il Collegio che sussistono ugualmente le condizioni per disporre nel senso richiesto, atteso che l'istanza in questione è stata formulata in ragione della pretesa connessione esistente fra i due provvedimenti impugnati e tale presupposto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, è sufficiente per consentire al giudice - anche in sede di legittimità - di decidere discrezionalmente per la riunione dei procedimenti quando la trattazione separata prospetti l'eventualità di soluzioni contrastanti, ovvero siano ravvisabili ragioni di economia processuale, ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale della controversia (C. 10/18050, C. 08/16405, C. 02/18072, C. 95/9288), ipotesi quest'ultima all'evidenza riscontrabile nel caso in esame.
8. Soffermando quindi l'attenzione sulle doglianze prospettate nei due distinti atti di impugnazione, si osserva che con il primo ricorso (vale a dire quello n. 25898/09) la Idraulica Sud ha rispettivamente denunciato:
1) nullità del provvedimento impugnato, perchè recante la sottoscrizione del solo presidente e non anche dell'estensore;
2) nullità del provvedimento impugnato ex art. 134 c.p.c., comma 2, art. 111 Cost., poichè a suo dire "integralmente ricalcato su quello del Tribunale Cagliari 20 marzo 2009", pertanto sorretto da motivazione soltanto apparente, risultante in quanto tale "inidonea a consentire quell'indispensabile controllo delle ragioni che stanno a base della decisione";
3) violazione degli artt. 70 n. 5, 158, 161 e 354 c.p.c., L. Fall., artt. 132, 180 e 183, per la mancata partecipazione al giudizio del Procuratore Generale;
4) violazione della L. Fall., art. 160, artt. 2214, 2217 e 2302 c.c., L. Fall., artt. 28, 169 e 55, art. 172, comma 1, art. 175, comma 1, nonchè vizio di motivazione, sotto i seguenti aspetti: a) la Corte di Appello non avrebbe debitamente considerato che nella specie era stato proposto un concordato con cessione dei beni, rispetto al quale non vi sarebbe obbligo da parte del debitore di garantire una soddisfazione minima o una percentuale di pagamento; b) il commissario giudiziale aveva sostanzialmente espresso un giudizio negativo in ordine alla realizzabilità della proposta concordataria nei termini indicati, avendo ritenuto che nel concreto il soddisfacimento dei creditori sarebbe stato inferiore alla misura percentuale prospettata. Indipendentemente dalla minore o maggiore fondatezza del rilievo questo sarebbe stato tuttavia comunque ininfluente, atteso che al riguardo non era stata sollevata alcuna contestazione da parte del ceto creditorio neppure nel giudizio di omologazione, nel quale per l'appunto non era intervenuta alcuna costituzione in opposizione; c) erroneamente il tribunale avrebbe contrastato il giudizio di fattibilità del concordato, e ciò sotto un duplice aspetto, vale a dire: 1) perchè a torto aveva identificato il parametro valutativo utilizzabile a tal fine nella coincidenza della percentuale di soddisfacimento ricavabile dalla cessione dei beni con quella originariamente prospettata; 2) perchè non aveva disposto alcuna indagine a sostegno della decisione adottata sul punto; d) alla relazione del professionista allegata alla proposta (che segnatamente avrebbe attestato la sua fattibilità) avrebbe dovuto essere attribuita piena efficacia probatoria relativamente a quanto ivi indicato ove, come nel caso in esame, non specificamente contestata; e) il commissario giudiziale avrebbe errato nella stima sia del passivo (irragionevolmente aumentato) che dell'attivo (a torto ridimensionato), con ciò dando luogo alla formulazione di giudizi non sorrettì da adeguata motivazione, ed inoltre i commissario giudiziale avrebbe operato violando il principio del contraddittorio per effetto della mancata interlocuzione preventiva con esso proponente e per non essersi costituito nel giudizio di omologazione;
5) violazione della L. Fall., art. 172, e vizio di motivazione, per la contraddizione rilevabile fra la prima relazione del commissario giudiziale ed il suo parere motivato, nonchè per la sua costituzione in sede di impugnazione (mentre, come detto, era rimasto contumace nel giudizio di omologa), laddove aveva spiegato anche domande giudiziarie, e ciò in contrasto con il ruolo di parte formale che gli riconoscerebbe la giurisprudenza di questa Corte;
6) violazione dell'art. 167 c.p.c., e vizio di motivazione poichè, per effetto dell'omessa contestazione da parte del commissario giudiziale e dei creditori in ordine alla domanda formulata dal debitore nel giudizio di omologazione, il giudice del merito avrebbe dovuto astenersi da ogni controllo probatorio al riguardo e ritenere sussistenti le circostanze di fatto articolate nel giudizio di concordato;
7) violazione della L. Fall., art. 160, in relazione all'art. 1455 c.c., e L. Fall., L. Fall., art. 173, considerato che in tema di inadempimento la risoluzione può essere dichiarata quando, per effetto della condotta di una delle parti, si sia verificato uno squilibrio fra le prestazioni tale da "intaccare l'obbligazione primaria ed essenziale del contratto stesso", ipotesi non riscontrabile nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che i creditori avrebbero comunque aderito alla proposta, pur a fronte di un possibile esito di soddisfacimento del credito limitato al 45% del suo valore;
8) violazione della L. Fall., artt. 173, 175 e 186, e vizio di motivazione, atteso che "l'accentuazione della natura contrattuale dell'istituto concordatario" avrebbe comunque dovuto indurre a ritenere irrilevanti, ai fini della revoca L. Fall., ex art. 173, le condotte non fraudolente, e comunque ad escludere la rilevanza di questioni essenzialmente attinenti alla fattibilità del concordato, in quanto tali rimesse all'apprezzamento dei creditori;
9) violazione della L. Fall., artt. 28, 55, 161, 162, 169, 175 e 180, artt. 2214, 2217 e 2302 c.c., e vizio di motivazione, con riferimento all'omissione rilevata a proposito dei beni personali del socio illimitatamente responsabile, rilievo che, oltre ad essere stato erroneamente formulato poichè non sorretto da adeguati riscontri, avrebbe dovuto comportare una rimessione in istruttoria, anzichè il giudizio negativo articolato sul punto;
10) violazione dei medesimi articoli indicati sub 9) e uguale vizio di motivazione, in ragione del fatto che la proposta di concordato non sarebbe suscettibile di modifiche dopo l'inizio delle operazioni di voto e non potrebbe altresì essere sottoposta ad un controllo da parte del tribunale, per una verifica in ordine alla effettiva prospettiva di realizzazione dell'attivo nella misura indicata;
11) violazione dei medesimi articoli indicati sub 9) e uguale vizio di motivazione poichè, in assenza di opposizioni, il giudizio in ordine alla non fattibilità del piano era stato espresso unicamente dal commissario giudiziale (che per di più avrebbe reso un parere contrastante con la precedente relazione). Ciò avrebbe dunque determinato la violazione del diritto di difesa di esso ricorrente, in quanto l'esito negativo della domanda di concordato non sarebbe stato conseguente "ad un accertamento di merito con giudizio autonomo", come pur sarebbe dovuto accadere.
8.1 - Con il secondo atto di impugnazione (vale a dire quello n. 5383/11), l'Idraulica Sud ha poi rispettivamente denunciato:
1) violazione della L. Fall. artt. 168, 180 e 183, artt. 739 e 741 c.p.c., nonchè vizio di motivazione poichè, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, il diniego di omologa del concordato preventivo non accompagnato dalla contestuale dichiarazione di fallimento non avrebbe potuto comportare effetti esecutivi immediati, e ciò in quanto la L. Fall., art. 180, comma 5, doterebbe di esecutività provvisoria soltanto il decreto di omologazione del concordato, e non anche quello di accoglimento dell'opposizione. Da ciò deriverebbe che la proposizione di una istanza di fallimento, essendo ancora pendente il giudizio relativo al rigetto della domanda di omologa, avrebbe dovuto comportare la sospensione dell'istruttoria prefallimentare fino alla definizione del giudizio promosso contro il provvedimento di rigetto della domanda di omologazione del concordato, anzichè una delibazione nel merito della richiesta, come verificatosi;
2) violazione della L. Fall., art. 180, artt. 131, 132, 135 e 282 c.p.c., e vizio di motivazione, poichè l'affermazione della Corte di Appello secondo la quale il citato art. 180 non richiederebbe, ai fini dell'eventuale dichiarazione di fallimento, il rigetto della domanda di concordato con sentenza passata in giudicato, sarebbe errata, e ciò sia perchè l'articolo in questione prevede che il rigetto della domanda di omologazione del concordato debba avvenire con decreto e non con sentenza, sia perchè la provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado sarebbe configurabile soltanto con riferimento alla diversa ipotesi di "pronunce di condanna suscettibili secondo i procedimenti di esecuzione disciplinati dal terzo libro del codice di rito civile" (p. 67 ricorso);
3) violazione della L. Fall., artt. 16, 162, 168 e 180, e vizio di motivazione, in relazione all'affermazione della Corte di Appello per la quale il ricorso per la dichiarazione di fallimento non potrebbe essere assimilato ad un'azione esecutiva ed essere quindi assoggettato alla disciplina dettata dalla L. Fall., art. 168.
Il rilievo tuttavia sarebbe errato atteso che il fallimento sarebbe una esecuzione collettiva, sicchè la domanda di fallimento non sarebbe proponibile una volta presentato il ricorso per concordato preventivo, preclusione che si protrarrebbe fino alla data della definizione del detto procedimento;
4) violazione della L. Fall., artt. 6 e 7, artt. 100 e 623 c.p.c., e vizio di motivazione, con riferimento all'omessa rilevazione della carenza di legittimazione attiva del Banco di Napoli, unico creditore istante-, e alla connessa violazione del divieto della dichiarazione del fallimento di ufficio.
Ed infatti il Banco non avrebbe potuto essere considerato creditore, poichè: a) il credito azionato, oltre a non essere munito di esecutività, era stato contestato; b) la pendenza del giudizio in ordine alla sua fondatezza avrebbe precluso al giudice fallimentare la possibilità di una delibazione sommaria sul punto; c) gli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria ne avrebbero comunque escluso la sussistenza. Per di più il Banco di Napoli non avrebbe avuto comunque interesse alla proposizione del ricorso atteso che, se omologato, il concordato avrebbe dato causa alla cessione dei beni mentre, se non omologato, sarebbe stata in ogni modo proponibile l'istanza di fallimento;
5) violazione della L. Fall., artt. 5, 55, 78, 168 e 169, artt. 115 e 167 c.p.c., art. 2697 c.c., e vizio di motivazione, considerato che l'attivo patrimoniale avrebbe consentito di assicurare l'integrale soddisfacimento dei creditori sociali, mentre il contrario giudizio espresso al riguardo sarebbe stato imputabile ad una inadeguata interpretazione della documentazione prodotta, e segnatamente della memoria difensiva di esso ricorrente in data 4.11.2010, oltre che del contenuto della relazione di consulenza tecnica disposta in sede prefallimentare.
9. Per quanto proposto successivamente al ricorso contro il provvedimento confermativo del rigetto del concordato, ritiene il Collegio che debba essere esaminato dapprima quello contro la sentenza dichiarativa di fallimento, risultando la relativa decisione assorbente rispetto alle censure attinenti alla pretesa erroneità della prima statuizione adottata in sede di omologazione del concordato.
Al riguardo occorre rilevare che, come questa Corte ha avuto modo reiteratamente di affermare nella vigenza della precedente disciplina del concordato, il rigetto dell'omologazione e la dichiarazione di fallimento costituiscono statuizioni fra loro autonome, pur se legate da un rapporto di connessione (C. 97/8323, C. 96/3425, C. 92/660, C. 77/3673).
Della configurazione di tale rapporto nel senso indicato si trae poi conferma dal tenore delle modifiche apportate all'istituto del concordato, atteso che se il legislatore ha eliminato l'automatismo della declaratoria di fallimento una volta definito negativamente il giudizio di omologazione - e ciò in ragione della avvertita necessità di subordinare la fallibilità dell'imprenditore ad istanza di parte (L. Fall., art. 6) -, ha pur tuttavia privilegiato una unicità di soluzione stabilendo che, se il tribunale in sede di omologazione respinge il concordato, ricorrendone i presupposti "dichiara il fallimento del debitore con separata ordinanza emessa contestualmente al decreto", contestualità poi ribadita con riferimento alla previsione del reclamo contro il provvedimento del tribunale (L. Fall., art. 183).
Anche la giurisprudenza di questa Corte, formatasi sulla nuova disciplina del concordato, ha inoltre ribadito lo stretto nesso intercorrente fra l'esito negativo dell'istanza di concordato - nelle diverse fasi dell'ammissione e dell'omologazione - e la dichiarazione di fallimento (C. 08/9743), essendo stato segnatamente precisato: che il ricorso contro il decreto del tribunale che neghi l'ingresso alla procedura di concordato preventivo è inammissibile "quando è inscindibilmente connesso.. alla successiva e conseguenziale sentenza dichiarativa di fallimento (anche non contestuale), dovendo in tal caso farsi valere i vizi del decreto mediante l'impugnazione della sentenza" (C. 11/3586, che a sua volta richiama C. 10/8186); che le questioni attinenti al decreto di inammissibilità devono "essere dedotte con la stessa impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto il predetto rapporto si atteggia come un fenomeno di conseguenzialità (eventuale del fallimento all'esito negativo della prima procedura) e di assorbimento (dei vizi del predetto diniego in motivi di impugnazione della seconda), che determina una mera esigenza di coordinamento tra i due procedimenti" (C. 12/18190, che a sua volta richiama C. 11/3059); che il decreto di annullamento del concordato preventivo non è autonomamente impugnabile mancando il necessario interesse, e ciò in quanto l'eventuale accoglimento dell'impugnazione non potrebbe avere alcuna incidenza sulla validità e l'efficacia della sentenza di fallimento, potendo questa essere revocata soltanto all'esito ed in accoglimento di apposito reclamo (C. 12/2671).
Ed è proprio quest'ultimo profilo che appare di specifico rilievo, atteso che l'indispensabile interesse al ricorso in tema di concordato presuppone inevitabilmente l'esito positivo di quello contro la dichiarazione di fallimento, risultando del tutto inutile in caso contrario l'eventuale accoglimento del primo ricorso, non consentendo tale esito alcuna possibilità di incidenza sugli effetti di una non più contestabile sentenza di fallimento.
9.1 - Passando dunque all'esame del secondo ricorso si osserva che i primi tre motivi di impugnazione devono essere esaminati congiuntamente, poichè sostanzialmente pongono la medesima questione (sia pur rappresentata sotto vari profili), consistente nella individuazione del rapporto intercorrente fra i due procedimenti di concordato preventivo e di fallimento.
La ricorrente ha infatti sostenuto al riguardo che sarebbe stato improponibile il procedimento per dichiarazione di fallimento fino alla data del passaggio in giudicato del provvedimento di rigetto del concordato e che nella specie il giudicato non sarebbe ancora maturato, essendo ancora pendente l'impugnazione contro il detto provvedimento; che la denunciata improponibilità sarebbe risultata anche per altro verso, vale a dire per il fatto che il decreto di rigetto della domanda di concordato sarebbe stato privo di esecutività; che ad analoghe conclusioni avrebbe dovuto indurre la circostanza, non adeguatamente considerata, che l'istanza di fallimento sarebbe stata equiparabile all'atto introduttivo di una procedura esecutiva, in quanto tale preclusa dal chiaro disposto della L. Fall., art. 168.
Secondo la ricorrente, dunque, le concorrenti ragioni sopra indicate avrebbero dato causa ad un rapporto di interdipendenza fra le due procedure in questione, tale cioè da subordinare la trattazione del procedimento per dichiarazione di fallimento all'avvenuta definizione di quella per concordato preventivo, ove a questa (come nella specie) fosse stato dato corso.
L'assunto è infondato.
Come già puntualmente rilevato da questa Corte (C. 12/18190), infatti, il "criterio della prevenzione, che all'epoca correlava le due procedure - di concordato e di fallimento posponendo la pronuncia di fallimento al previo esaurimento della soluzione concordata della crisi dell'impresa", era stato affermato in ragione dell'inciso contenuto nella precedente formulazione della L. Fall., art. 160, per il quale all'imprenditore veniva concessa facoltà di proporre il concordato preventivo fino a che il suo fallimento non fosse stato dichiarato.
Tuttavia il detto inciso è stato eliminato, e pertanto dal mutamento della formulazione letterale della norma sul punto discende necessariamente l'avvenuto superamento di quel principio che sul precedente dettato normativo trovava fondamento.
Nè può correttamente dirsi che il principio in questione possa essere altrimenti desunto in via interpretativa, in ragione dei generali principi vigenti in materia.
Ed invero non ricorre certamente nella specie un'ipotesi di pregiudizialità necessaria, atteso che: non sono sovrapponibili le situazioni esaminate nelle due distinte procedure di fallimento e di concordato (C. 11/3059); la, sospensione è istituto eccezionale che incide in termini limitativi rispetto all'esercizio del diritto di azione, e che pertanto può trovare applicazione soltanto quando la situazione sostanziale dedotta nel processo pregiudicante rappresenti il fatto costitutivo di quella dedotta nella causa pregiudicata (C. 03/14670), ipotesi non ricorrente nel caso in esame; il vigente codice di rito esclude casi di sospensione discrezionale e non prevede inoltre casi di sospensione impropria o atecnica.
Al contrario, deve invece ritenersi che il rapporto tra concordato preventivo e fallimento si atteggi come un fenomeno di conseguenzialità (eventuale del fallimento, all'esito negativo della procedura di concordato) e di assorbimento (dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento), che determina una mera esigenza di coordinamento fra i due procedimenti (C. 11/3059).
Ne consegue ulteriormente che la facoltà per il debitore di proporre una procedura concorsuale alternativa al suo fallimento non rappresenta un fatto impeditivo alla relativa dichiarazione (C. 12/18190, C. 09/19214), ma una semplice esplicazione del diritto di difesa del debitore, che non potrebbe comunque "disporre unilateralmente e potestativamente dei tempi del procedimento fallimentare", venendo così a paralizzare le iniziative recuperatorie del curatore (C. 18190 cit., C. 97/10383) e ad incidere negativamente sul principio costituzionale della ragionevole durata del processo.
La conseguenzialità logica tra le due procedure non si traduce dunque anche in una conseguenzialità procedimentale, ferma restando la connessione fra l'eventuale decreto di rigetto del ricorso per concordato e la successiva conseguenziale sentenza di fallimento, anche se non emessa contestualmente al primo provvedimento, dovendosi in tal caso farsi valere i vizi del decreto mediante l'impugnazione della sentenza di fallimento (C. 11/3586, C. 08/9743).
9. 2 - Ad identiche conclusioni di infondatezza deve poi pervenirsi per quanto concerne gli ulteriori motivi di impugnazione.
Più precisamente, con il quarto motivo di ricorso la ricorrente ha denunciato il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse del Banco di Napoli, unico creditore istante, rispettivamente in ragione del fatto che la relativa domanda sarebbe stata supportata da titolo non definitivo, oltre che non esecutivo (il giudice ne avrebbe infatti sospeso l'esecutività), e in considerazione del trattamento meno favorevole che la procedura di fallimento avrebbe riservato ai creditori, rispetto a quella di concordato.
Entrambi i rilievi sono tuttavia privi di pregio.
La L. Fall., art. 6, stabilisce infatti che il fallimento è dichiarato, fra l'altro, su istanza di uno o più creditori, circostanza che non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, nè l'esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all'esclusivo scopo di accertare la legittimazione dell'istante (C. 05/21327, C. 86/6856).
Ne discende che la contestata statuizione è in sintonia con il dettato normativo e con la giurisprudenza di questa Corte, sicchè non è fondatamente deducibile alcuna riserva al riguardo. Quanto al merito della decisione, la stessa risulta adeguatamente motivata, essendo stato segnatamente evidenziato: che il Banco di Napoli figurava nell'elenco dei creditori contenuto nella relazione patrimoniale del debitore; che la qualità di creditore risultava inoltre dal contratto di mutuo fondiario e di finanziamento industriale; che la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo non era da porre in relazione all'esistenza dello stesso, risultante dalla documentazione della società istante oltre che dall'elenco dei debitori. Anche sotto questo riflesso, dunque, la decisione impugnata non appare suscettibile di sindacato da parte di questa Corte.
Quanto alla pretesa carenza di interesse l'assunto è inconsistente, atteso che la sua sussistenza risulta al contrario dall'affermata qualità di creditore (sia pure per effetto di accertamento incidentale) del Banco di Napoli; l'opzione per una o l'altra procedura concorsuale (vale a dire concordato o fallimento) sarebbe comunque rimessa alla valutazione del creditore, non essendo a questa sovrapponibile l'astratto parametro suggerito dal debitore; la procedura di concordato aveva infine registrato (sia pure in via non definitiva) un esito negativo.
9.3 - Resta infine il quinto ed ultimo motivo di impugnazione, incentrato sulla pretesa insussistenza dello stato di insolvenza.
Al riguardo la Idraulica Sud, dopo aver premesso di essere stata posta in liquidazione, ha correttamente precisato che, al fine di stabilire se nella specie ricorresse il requisito di cui alla L. Fall., art. 5, il giudice avrebbe dovuto accertare se gli elementi attivi del patrimonio consentissero o meno di assicurare l'integrale soddisfacimento dei creditori sociali.
Tuttavia anche la Corte di Appello aveva espressamente rilevato che, versando l'Idraulica Sud in uno stato di liquidazione, "la valutazione del requisito di cui alla L. Fall., art. 5, va condotta unicamente al fine di accertare se gli elementi attivi del patrimonio consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali", vale a dire facendo ricorso all'utilizzazione dello stesso parametro la cui applicazione è stata invocata dalla Idraulica Sud.
Il dissenso manifestato da quest'ultima nei confronti della contestata decisione adottata non riguarda dunque la correttezza del criterio seguito dal giudice nella formazione e formulazione del relativo giudizio, ma attiene piuttosto al merito della statuizione che peraltro, ove supportata da motivazione sufficiente ed immune da vizi logici, non è sindacabile in questa sede di legittimità. Nel caso in esame la Corte territoriale ha dato sufficiente ragione della determinazione assunta sul punto, avendo segnatamente accertato, sulla base dell'espletata consulenza tecnica, che lo sbilanciamento fra attivo (Euro 1.435.590,63) e passivo (Euro 1.679.119,23) risultava pari a Euro 243.528,60 - tale quindi da non consentire il soddisfacimento dei creditori - ed avendo inoltre ritenuto inconsistente la censura prospettata dalla ricorrente in ordine alle sopra indicate conclusioni del consulente tecnico.
L'Idraulica Sud aveva infatti sostenuto che lo sbilancio passivo di Euro 243.528,60 fosse "pressochè interamente dovuto ad interessi bancari maturati dal 7.10.2008 alla data del fallimento" (p. 12), assunto che tuttavia non sarebbe stato confortato da alcun riscontro (".. non è stato offerto al collegio alcun circostanziato elemento di valutazione dal quale poter desumere tale imputazione della somma di Euro 243.528,60.."), mentre al contrario dall'entità del saldo accertato dal consulente tecnico alla data del 7.10.2008 si sarebbe dovuto desumere il mancato computo di interessi per il periodo successivo.
La ricorrente ha per vero censurato le dette considerazioni, lamentando in particolare: a) l'omesso esame della memoria difensiva di appello, con l'allegata consulenza tecnica di ufficio depositata nel giudizio pendente davanti al Tribunale di Cosenza, da cui sarebbe emersa l'insussistenza sia del debito di Euro 139.456,42 nei confronti della Banca di Roma che quello di Euro 85.730,29 nei confronti della Carime; b) l'erroneità della statuizione secondo la quale non sarebbero emersi elementi comprovanti la riferibilità dell'accertato sbilancio agli interessi passivi delle banche a far tempo dalla data del concordato fino a quella del fallimento, assunto che sarebbe smentito dalla consulenza tecnica, oltre che dalla mancata contestazione delle parti sul punto, e che al contrario troverebbe viceversa conferma nella relazione integrativa del consulente tecnico in data 22.7.2010.
Le doglianze sono tuttavia prive di pregio, in quanto generiche e viziate sul piano dell'autosufficienza.
La pretesa erroneità della statuizione non appare infatti confortata da una compiuta rappresentazione dei dati idonei ad evidenziare le ragioni per le quali il contestato giudizio della Corte di appello non sarebbe correttamente formulato, sicchè la censura non risulta supportata dall'indicazione degli elementi necessari per verificarne la fondatezza e finisce per esaurirsi in una non condivisa valutazione di merito della decisione adottata.
Inoltre, come detto, la ricorrente ha sostenuto che il contenuto della consulenza tecnica sarebbe stato diverso, in alcuni punti, da quello apprezzato dal giudice del merito, ma ha pur tuttavia omesso di riportare analiticamente e compiutamente le indicazioni del consulente, con la conseguenza di non consentire al giudicante l'esame diretto di quanto da quest'ultimo esattamente accertato e riferito e di apprezzare quindi la rilevanza dei singoli profili considerati nell'ambito della relazione (e soprattutto delle relative conclusioni) nel suo complesso.
Infine non sembra inutile evidenziare come la delibazione delle doglianze prospettate, richiederebbe inammissibili valutazioni in fatto, in quanto tali non consentite in questa sede di legittimità.
10. L'infondatezza del ricorso contro la sentenza dichiarativa di fallimento della Idraulica Sud comporta dunque, per le ragioni dianzi precisate sub 9, l'inammissibilità dell'ulteriore ricorso avverso il decreto di rigetto del reclamo contro il diniego di omologazione del concordato preventivo.
10.1 - Ritiene tuttavia il Collegio che, come già rilevato con l'ordinanza di rimessione a queste sezioni unite in data 15.12.11, la questione sottoposta al suo esame sia di particolare importanza, e che ciò determini quindi l'opportunità di pronunciare il principio di diritto sulla tematica prospettata, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., comma 3.
Più precisamente con la sopra citata ordinanza, come già sinteticamente segnalato nel rappresentare lo svolgimento del processo, i profili di particolare rilievo sui quali erano stati registrati una linea di non totale sintonia nella giurisprudenza di legittimità, un non sopito contrasto nella giurisprudenza di merito ed un ampio dibattito in dottrina con la prospettazione di soluzioni non coincidenti, sono stati rispettivamente individuati: a) nella rilevanza dell'indicazione concernente la misura percentuale di soddisfacimento dei creditori nell'economia della proposta concordataria, anche sotto il profilo della relativa incidenza sulla sua fattibilità; b) nella necessità di stabilire in quale misura l'eventuale non fattibilità del piano possa determinare un'impossibilità dell'oggetto del concordato, e quindi di definire i limiti entro i quali il requisito della fattibilità possa essere suscettibile di sindacato da parte del giudice; c) nell'esigenza di chiarire le conseguenze di un giudizio negativo in ordine alla fattibilità del piano, ove ravvisato un difetto di informazione del ceto creditorio, dovendosi segnatamente valutare se, e nell'ipotesi positiva entro quali limiti, possa essere disposta nuova convocazione dell'adunanza dei creditori per la rinnovazione delle operazioni di voto.
11. Al riguardo giova premettere che il non agevole compito dell'interprete (indirettamente testimoniato dal numero dei contributi dottrinari e giurisprudenziali e della varietà delle soluzioni prospettate o adottate) è essenzialmente determinato, oltre che da una non sempre chiarissima formulazione letterale del dettato normativo, dalla nuova configurazione che il legislatore ha inteso conferire sia alla più rilevante procedura concorsuale, all'evidenza individuabile nel fallimento (si pensi segnatamente al diverso ruolo attribuito al giudice delegato, cui competeva dapprima di dirigere e vigilare le operazioni del curatore, mentre ora gli son